sabato 17 settembre 2016

Ikea e le famiglie separate. Riflessioni sul nuovo spot.


Credo tocchi ora a me dare un parere su questo particolare spot Ikea a tema "genitori separati", che gira in questi giorni sul web, un interessante esperimento psicologico, a mio avviso. Di grande impatto narrativo, ma con un retrogusto silenzioso e amaro, quasi tossico, che non corrisponde per nulla alla mia personale idea di questo brand, che amo oramai da tanti anni.  => qui lo spot Ikea





Hanno puntato innanzitutto sull'indiscussa facilità di utilizzo dei loro prodotti per un target giovane, ma non di "primo pelo" e neppure di prima relazione, a dirla tutta. In effetti, da separato, la prima cosa che fai quando vuoi riassortire casa è ciò che (avendo saputo che esisteva) avresti fatto anni prima: razzia di ogni cosa funzionale-colorata-innovativa che avevi visto dopo pochi anni di matrimonio, proprio all'Ikea, una domenica pomeriggio mentre fuori pioveva e tu, trascinato a far shopping, pensavi all'avvicinarsi inesorabile della vostra crisi del settimo anno.  

 "Se dovessi rifar casa, comprerei tutto qui" è la frase che probabilmente i muri di tutte le Ikee del mondo hanno sentito dire più spesso dai clienti mentre più o meno consciamente progettavano una "fuga". La casa attuale non avrebbe certo potuto contenere l'essenziale libreria Billy accanto al mobile di pregio ereditato e fatto restaurare dalla nonna, apposta per il tuo matrimonio. E tantomeno il tagliere girevole, oggetto di infinite discussioni con tuo marito, che lo odiava. Ma ora che la casa era in esclusiva, beh... allora...!



L'idea dello spot di riprodurre la stessa cameretta del figlio nelle due case ha un indiscusso impatto emozionale, "di pancia", come si dice. E' ciò che probabilmente volevano smuovere i venerandi del marketing di questa campagna. Bravi, non c'è che dire, i creatori dello spot (l'agenzia Åkestam Holst) diretto da Jesper Holst e Michal Sitkiewicz.



Dal punto di vista psicologico e a mio parere, questa storia racconta invece di un edulcorato tentativo di soluzione di un problema enorme, che presenta più di un rischio relazionale. Il tema è quello ampiamente studiato in psicologia e raccontato semplicemente nel prezioso libretto terapeutico per bimbi "Due di tutto" dell'artista Arianna Papini: i bimbi, con la separazione, finiscono per non sentirsi mai "interi" nè da una parte nè dall'altra. Dalla mamma manca papà e da papà manca mamma. L'idea di un'unione, dunque, diversa da prima, ma ben presente nella testa del bambino, viene sempre mantenuta e rafforzata nel corso dei sostegni psicologici alla famiglia in fase di separazione. Nell'idea dei figli, dal più piccino ai maggiorenni, viene infatti promossa e tutelata l'idea che mamma e papà rimangano uniti, almeno nel ruolo di genitori.



L'idea di continuità tra le due camerette identiche, invece, non è necessariamente positiva. Questa pubblicità, infatti, lodevole nelle intenzioni ma fuorviante per una reale crescita evolutiva della famiglia post-separazione,  fa leva in realtà sui sensi di colpa dei genitori, soprattutto su chi se ne è voluto o dovuto andare in una nuova casa. La visione di questo racconto è inserire d'ufficio i genitori nel delirio d'onnipotenza che vorrebbe limitare i danni dell'impatto, inevitabilmente devastante, di una separazione genitoriale. L'impatto c'è. Ed è emotivamente devastante, ve lo confermo. E' paragonabile ad un lutto in vita, come quando in guerra scomparivano
inspiegabilmente persone poi date per disperse o come quando l'amato micio si è allontanato da casa e tu non sai che fine può aver mai fatto. Personalmente sono a conoscenza di madri separate che non pronunciano mai la parola "papà" al figlio piccolo, esattamente come accadeva molti decenni fa quando decedeva uno dei due genitori che semplicemente veniva fatto sparire dalla vita fisica e affettiva della famiglia.



Credete che esageri? Non è così e purtroppo alcuni professionisti coinvolti nelle separazioni non sono immuni da responsabilità sul reale benessere di alcune famiglie. Questo accade, puntualmente, soprattutto tra genitori litigiosi, ovviamente, ma anche tra genitori che si tollerano o si evitano, come appaiono i protagonisti di questo spot.



Ma ecco l'inganno: se due genitori si sono separati ci sono dei motivi, in presenza di figli di solito i motivi sono molto, molto validi. Ovvero con figli piccoli, solitamente non ci si separa  certo "a cuor leggero", ma dopo tormentatissimi mesi, a volte anni, di tentativi di riappacificazione e rovinosi fallimenti, consultazioni da avvocati, preti, commercialisti e cartomanti. Psicologi e Mediatori Familiari accolgono, spesso purtroppo oltretempo, storie oramai perdute. Questi genitori non hanno trovato un modo per stare insieme, nonostante tutto, ed è possibile che abbiano idee differenti su come si affrontano alcuni aspetti fondamentali della vita. E' vero, ci sono alcuni casi nei quali i figli possono essere evidentemente in pericolo per inadeguate capacità genitoriali o per motivi gravi non dipendenti dalla volontà del genitore, ad esempio per una malattia. In generale però avere due genitori con idee, etnia, abitudini o religioni diverse può diventare una risorsa incredibile per i bimbi, sia in costanza di matrimonio che da separati e, aggiungo, anche in presenza di conflitti aperti o di modi diametralmente opposti di gestire le stesse situazioni.



Perciò se due genitori in separazione mi chiedessero, in consulenza: cameretta uguale? La mia risposta sarebbe: anche no!



I genitori separati hanno come incarico quello di superare rancori e vecchie ferite e superare se stessi nella comprensione del senso di ciò che è successo. E' necessario cercare e trovare nuove parole.



Nel rilanciare questo video nello spazio Facebook "Step Parent - Crescere con figli altrui" (=> Step Parent)  ho ricevuto alcuni messaggi di genitori separati risentiti, a cui questo spot ha riaperto vecchie ferite, rievocato ricordi dolorosi che neppure una scelta ingenuamente empatica nei confronti del bimbo è riuscita a lenire. Quel bimbo appare sempre triste e lo si immagina così anche dopo aver scoperto la "sorpresa": chi ci è passato sa come funziona nella realtà.



Una mamma, in particolare, mi scrive, raccontandomi lo strazio della prima volta che sua figlia dormì dal papà, dopo la separazione:



"Lui l’è venuta a prendere in casa, abbiamo scherzato un pochino, eravamo tutti e 3 un po’ straniti, si sentiva qualcosa di diverso, ci siamo salutati, lei mi ha abbracciato con nonchalance, io ho iniziato a sentire il pianto dentro. Non l’ho dato a vedere, ci siamo salutate ridendo, e poi ricordo che sono rimasta a guardarli, con la porta della sala mezza chiusa, mentre dandomi le spalle si allontanavano lungo lo stradello verso l’uscita di casa. Lei gli ha dato la mano, aveva uno zainetto sulle spalle con il pigiamino e le cose che si era voluta portare dietro. E io ho sentito un senso di lacerazione terribile. Lo strappo, una famiglia rotta. Un senso di dolore indescrivibile. Quello che le avevamo procurato. Il fatto che la stavamo costringendo a diventare una bimba con la valigia."



Lo so: Ikea fa mobili, non consulenze psicologiche, ci mancherebbe. Tuttavia dipingere necessariamente la famiglia separata come una famiglia "sfigata", la mamma indispettita, il padre con le ore contate dal tribunale e la casa precaria, non rende onore all'enorme fenomeno delle famiglie separate, che comunque sopravvivono e, spesso, scommettono con fatica e coraggio su una nuova relazione e su una fetta di quella speciale felicità riservata a chi si guadagna le cose con lacrime e sudore, non semplicemente duplicando camerette da montare.




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Maria Grazia Schembri
Dottoressa in Psicologia
e Mediatrice Familiare

Info sulla Dott.ssa Schembri dal Blog Famigliando 

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