venerdì 4 marzo 2016

I bambini e la separazione


 
Guardando le coppie in consulenza presso il mio studio, ma anche leggendo sui social, storie di mamme e papà separati, assisto ad uno strano fenomeno, che, anche da professionista della psicologia, umanamente fatico ancora a spiegarmi.



Coppie di persone che si rispettano fino a pochi mesi prima, che convivono, magari senza passioni travolgenti, ma sicuramente con dignità, buona educazione, quando non addiruttura con gentilezza, che, messe davanti all’ipotesi di una separazione, diventano belve feroci, senza inibizioni nè regole sociali, dove regna sovrano il tremendo "mors tua, vita mea".



Ma soprattutto divengono completamente incuranti delle esigenze spesso faticosamente espresse dei figli (dilaniati tra l'essere "fedeli" alla madre o al padre) squalificano impunemente l'altro genitore, scelgono di vivere lontano dai figli, salvo poi lamentarsi di avere i "figli sottratti" e cattive relazioni con l’ex. Parlo di madri come di padri.



E' uno strano fenomeno, quello della lotta senza quartiere che si sviluppa nel periodo della separazione, che ha fatto sorgere, a tutela dei minori (o almeno dovrebbe essere così) tutta una serie di figure a cui delegare la gravosa responsabilità di decidere ciò che, offuscati dal dolore e dalla rabbia, i genitori non riescono a decidere.



Uno Stato ha il dovere di proteggere i bambini non tutelati da genitori anche solo “emotivamente” inadeguati: questo è normale e sacrosanto in un Paese civile.



I genitori, da parte loro dovrebbero, di contro, essere sostenuti nel delicato momento della separazione, paragonabile, per intensità, ad un vero e proprio "lutto", per ricondurre il conflitto a nuovi "patti familiari" coerenti, sostenibili e autonomi, che nessun tribunale si permetterebbe di contestare.



La tutela dei minori, non smetterò mai di dirlo, è un diritto di ogni società civile, non un business, come si tende a far credere. E' tuttavia un terreno tremendamente impervio.



Occorre però ricordare che è diritto di ogni coppia genitoriale, che dimostri competenze conciliative, decidere sempre in autonomia per propri figli.

Se i genitori si accordano in maniera adeguata, infatti, nessun tribunale, nessun servizio sociale e nessuno psicologo sarà delegato a compiere scelte per la famiglia che si separa. 



Il problema sorge invece quando chi pensa ad una separazione - da genitore, da psicologo, da avvocato - pensa alla guerra, piuttosto che alla pace.



E la guerra sì, quello è sempre un vero business.


Maria Grazia Schembri
Dottoressa in Psicologia
Counselor e Mediatrice di Conflitti
338 1873210 - mg.schembri@famigliando.it

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